Nel mio girovagare per il centro storico di Massafra mi sono imbattuta in una frase scritta su un muro che mi ha incuriosito molto e che mi è sembrata alquanto familiare.
là dove fiorisce il cielo
Ricordo di aver letto da qualche parte la storia di Ivan Tresoldi, il poeta di strada conosciuto per i suoi componimenti graffitari e di quanto una sua frase in particolare avesse suscitato in me un certo fascino per la sua natura - secondo me - romantica:
Chi getta semi al vento farà fiorire il cielo
Ho pensato che se avessimo gettato al vento semi d'amore avremmo potuto avere un cielo o magari le nuvole a forma di cuore.
Ora non so cosa intendesse dire invece Noire, l'autore nostrano dei graffiti.
Certo è, che là dove fiorisce il cielo, finisce il centro storico di Massafra.
Questa scritta si trova su un muro della lunga scalinata che, scendendo dal quartiere di Gesù Bambino, porta alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie e oltre la quale non vi è più nulla di urbano.
Un chiesa della seconda metà del '600, fatta erigere per volontà del vescovo di Mottola Mons.Tommaso d'Aquino, dove fu traslato il dipinto della Vergine dall' habitat rupestre in cui fu rinvenuto.
Sorprende il colore della semplice facciata del tempio, rosa con pennellate dorate.
E sorprende il silenzio che vi è attorno anche se da lì a pochi passi c'è la statale Appia.
Un posto mistico in cui avverto un senso di tranquillità anche interiore, seduta sulla scalinata, deliziata dalla vista del sole che tramonta, attorniata da mura in pietra sovrastati da fichi d'india.
Resterei così per ore, lontano da tutto e tutti.
A volte ci vuole e io ne sento il bisogno per scaricare le tensioni accumulate, forse si chiama stress?
Massafra, nel quartiere Gesù Bambino
Nell'intento di scoprire ogni angolo del centro storico di Massafra, come dicevo prima, mi trovo nel quartiere di Gesù Bambino.
I massafresi quando devono fare riferimento a questo quartiere dicono "abbasc o' Bommin" - o u' Bommino - ma ancora non mi è chiaro perché non riesco a capire la fonetica, magari perché sono influenzata dal dialetto tarantino.
Si arriva in questo quartiere oltrepassando il ponte che sovrasta la Gravina di San Marco per giungere nella piazza Garibaldi, un tempo centro di aggregazione come avveniva in ogni piazza dei piccoli centri del sud.
Punto in cui l'intero paese si dava appuntamento per incontrarsi, fare affari, trovare un lavoro o semplicemente scambiare quattro chiacchiere.
Immagino uomini in capannelli qua e là ad animare la piazza, taluni in un angolo della piazza, altri seduti sulle panchine.
Dalla piazza si dipartono a raggiera le strade che conducono nel cuore della città vecchia.
Superando la piazza e zigzagando tra i vicoli si arriva alla Chiesa di Gesù Bambino, il fulcro del quartiere.
Massafra, la Chiesa di Gesù Bambino
La parrocchia, divenuta santuario dal 1956, è una delle cinque chiese europee dedica al Bambin Gesù.
Intorno alla statua del Bambinello si racconta una storia mista a leggenda.
La statuetta era stata acquistata la vigilia di Natale nel 1846 dalla moglie del nobile massafrese Francesco Broja, Isabella Accolti Gil.
Alla stessa, che aveva trasudato sangue, era stata attribuita la guarigione del marito colpito da emorragia e si gridò al miracolo.
Attualmente il Bambinello di cera è custodito all'interno del Santuario.
Questa è invece una rappresentazione fedele eseguita dall'artista massafrese Vincenzo Maraglino che ha utilizzato materiale di riciclo.
Un via vai di gente, di ogni genere ed età, vivacizza questa zona, i bambini e i ragazzi hanno la fortuna di giocare per strada, libera in parte dal traffico soffocante degli altri quartieri.
Qui il tempo sembra rallentare e man mano che cammino tra le antiche case ho la sensazione che i muri vogliano parlare. Raccontare le storie vissute delle famiglie di Massafra e molte di queste dovevano essere di alto rango perché ancora oggi alcune vie e larghi portano il loro nome.
Storie d'amore e di amicizie, di nascite e di perdite, di gioie e di dolori.Storie intrecciate, legate, avvolgenti, tessute lentamente fino ad arrivare ai nostri giorni.
Storie che alla fine appartengono a tutti noi.
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