Ginosa è l’ultimo comune della provincia ionica al confine con la Basilicata. Pensate che da Matera dista solo 27 chilometri mentre da Taranto sono ben 65 chilometri.
La strada per arrivare in questo paese del tarantino si addentra nelle verdi campagne pugliesi tra ulivi e vigneti.
Non è una località di passaggio ma bisogna andarci per un motivo ben preciso.
Uno di questi motivi per me era proseguire il viaggio nel museo itinerante a cielo aperto che congiunge tutti i luoghi in cui ci siano resti dell’antica civiltà rupestre.
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Uno dei punti panoramici sulla gravina di Ginosa |
Come Castellaneta e Massafra, anche Ginosa si era sviluppata inizialmente sul costone di una gravina per poi espandersi verso l’interno.
Questa esigenza nasceva come una sorta di difesa naturale dalle continue invasioni degli stranieri avendo, per questa collocazione strategica, un lato già coperto dagli assalti.
Ginosa e il Castello Normanno
Alla fine di Corso Vittorio Emanuele II si arriva al Castello Normanno che domina tre lati della gravina. Il castello fu fatto costruire nel 1080 da Roberto il Guiscardo per difendere la città dagli assalti dei saraceni.
Oggi, più che un castello, sembra un palazzo signorile. Ha perso la sua originaria forma per via delle modifiche architettoniche fatte dalla potente Famiglia Doria che nel XVI secolo dominava Ginosa. Attualmente non è possibile visitarlo.
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Il Castello Normanno di Ginosa visto dal basso |
Verso il villaggio rupestre La Rivolta
Si prosegue e si scende giù passando sotto le arcate del ponte del castello percorrendo la strada che porta su Via Matrice nella parte vecchia di Ginosa.
Tutt’intorno c’è silenzio, qualche gatto sornione, immobile e stupito di vederci.
Si attraversano case abbandonate forse alcune lasciate negli anni '60/70, altre per l’alluvione del 2013 che ha reso quella zona irrimediabilmente rossa, cioè zona a rischio.
Alcune luminarie sono il segno della recente festa patronale in onore della Madonna del Rosario.
Ad aspettarci c’è Carmelo, il custode della chiesa che subito vuole raccontarci la storia della sua Ginosa partendo dalla preistoria e indicandoci il rione Casale che si trova sul lato opposto delle gravina.
Che è anche il luogo dove è stato girato il film Chi m’ha visto con Giuseppe Fiorello e Pierfrancesco Favino.
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Il rione Casale di Ginosa
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La nostra visita però è al villaggio Rivolta. Seguiamo Carmelo che comincia a parlarci di ogni minimo dettaglio che troviamo lungo la strada.
Ci mostra con grande orgoglio il lavoro che era stato fatto da lui insieme ad altre persone per recuperare e rendere facilmente accessibile il sentiero che porta al villaggio.
Ci troviamo sotto il costone della torre del castello su quello che è il primo dei cinque piani del villaggio rupestre e di fronte si apre la valle della gravina.
La Rivolta, un piccolo villaggio nella roccia
Il villaggio la Rivolta è un insieme di case grotta che dà subito l’impressione di essere stato molto organizzato.
Le abitazioni scavate nella roccia si susseguono una dietro l’altra ed ognuna di essa era fatta per essere vissuta giornalmente da gente semplice e lavoratrice dedita alla pastorizia e all’agricoltura.
La loro tipologia distingue case di gente povera e di gente più facoltosa mentre la loro vicinanza fa capire che era una comunità ben salda e strutturata.
L’acqua piovana era raccolta da piccole incisioni lungo le pareti e incanalata in cisterne a campana riconoscibili dalla bocca stretta.
Tutto ciò che serviva per la vita quotidiana era ricavato dalla conformazione della pietra modellata per le varie esigenze, come la vasca per lavare i panni e gli abbeveratoi.
Mi ha sorpreso vedere che le cantine hanno ancora l’impianto per la produzione del vino.
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Le scale scavate nella roccia e che portano agli altri livelli del villaggio rupestre la Rivolta
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Una scalinata di pietra porta al piano terra dove si trova il forno comune utilizzato per cuocere il pane.
Insomma. nel villaggio non mancava niente, c’era l’indispensabile per la sopravvivenza. Certo, se la paragono ad oggi si capisce che era comunque una vita dura.
La nostra guida speciale è un fiume in piena, continua a inondarci di notizie, aneddoti e piccoli segreti. Ci spiega che in questo villaggio si è fermato San Pietro durante il suo viaggio verso Roma passando dalla via Appia.
Sulla strada del ritorno esprime il suo disappunto per come l’uomo sta distruggendo la natura e di come essa stia facendo capire quanto sia addolorata.
Per avvalorare questa sua tesi ci mostra l’enorme volto che urla disperato che si è formato naturalmente sulla parete della gravina.
È impressionante come sia veritiero! Io purtroppo non ho mezzi per fotografarlo decentemente.
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Le piante rupicole ravvivano il paesaggio asciutto e soleggiato
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Detto tra me e voi
Questo per me è un paesaggio che stupisce e non stanca mai. Un luogo dove rifugiarsi quando i pensieri si affollano e non trovano la giusta collocazione.
Un luogo senza fretta da vivere passo dopo passo.
Da qualche parte qualcuno aveva scritto che Ginosa è niente di che: un paio di ore bastano per visitarla. A dire il vero mi ero un po’ risentita pur non essendoci mai stata e quindi non potevo giudicare.
Dopo questa visita, posso dire si, forse sarà così, ma minimo un paio d'ore servono solo per visitare la Rivolta, soprattutto se si va con una guida come Carmelo.
Una raccomandazione molto importante: non è consigliabile proseguire da soli per andare a visitare il villaggio rupestre la Rivolta.
La stradina che abbiamo percorso è rasente al ciglio della gravina, quindi affidatevi ad una guida abilitata contattando l’associazione Visit Ginosa.
La guida, oltre a raccontarvi aneddoti e storie del luogo, saprà condurvi in sicurezza. E non è cosa da poco.
Un posto sicuramente da visitare grazie per avermelo fatto conoscere.
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